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Chi è il COMPOSITORE?

Il compositore è un musicista che crea musica. La sua attività, ossia la composizione, comporta la produzione di brani musicali che possano essere ripetibili, scaturiti da idee originali o dalla rielaborazione di melodie esistenti. Per facilitare la riproduzione, ogni brano composto viene fissato per iscritto su uno spartito attraverso l’utilizzo della notazione musicale, le cosiddette note. Per diventare compositori si devono conoscere in modo approfondito le regole dell’armonia, del contrappunto, della strumentazione e di tutte le tecniche necessarie a scrivere un brano musicale, da quelli per un solo strumento a quelli per la grande orchestra sinfonica.
Fino all’epoca medievale la musica veniva trasmessa oralmente e questo comportava diverse modifiche e variazioni nei brani tramandati di generazione in generazione.
Fu il monaco benedettino Guido d’Arezzo che nel X secolo giunse alla definizione di una notazione per l’insegnamento di canti religiosi che permettesse di indicare l’altezza dei suoni: da quel momento in poi le melodie iniziarono ad essere fissate in modo più preciso, con la graduale introduzione di elementi ritmici.
E’ tuttavia necessario attendere il 1500 perché la notazione musicale raggiunga livelli di precisione pari a quella moderna e fu quella l’epoca in cui il ruolo del compositore assunse un’importanza professionale di rilievo, dapprima presso le corti di nobili, principi, re e imperatori e soprattutto per la produzione sacra; in seguito, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si libera dalla dipendenza da istituzioni ecclesiastiche, da corti, da imprese.
Dall’Ottocento il compositore vide la sua produzione tutelata grazie all’introduzione del diritto d’autore, che in Italia avvenne nel 1840 per merito di Giulio Ricordi e Giuseppe Verdi.
Sin dagli inizi, questa professione assunse aspetti simili al lavoro artigianale: le composizioni musicali venivano infatti costruite per gradi, scrivendo a mano su carta pentagrammata le note che dovranno essere poi eseguite da voci, strumenti solisti o in ensemble di piccole, medie o grandi dimensioni. Oggi i compositori possono avvalersi di mezzi e tecnologie informatiche che consentono addirittura di rendere, con suoni campionati a computer, le proprie melodie. Questo permette di poter ascoltare già in fase di lavorazione le idee musicali scritte e apportare velocemente delle modifiche.
Attualmente l’attività del compositore, oltre che per la produzione musicale tradizionale, è legata soprattutto al cinema, al teatro o alla pubblicità.
Tra i compositori più importanti nella storia della musica si ricordano J. S. Bach, W. A. Mozart, L. V. Beethoven, F. Mendelssohn, J. Brahms, R. Strauss, R. Wagner, G. Verdi, G. Rossini, D. Shostakovich e, naturalmente G. Puccini, F. Alfano e L. Berio che si sono dedicati a Turandot.

Cos’è il LIBRETTO? Chi è il LIBRETTISTA?

Il termine “libretto” indica un componimento letterario destinato alla rappresentazione in teatro, in cui i personaggi agiscono cantando. Per buona parte della sua storia il libretto d’opera è stato scritto in versi poetici per una esposizione musicale/canora. L’ampliamento dei soggetti da musicare e l’influsso di nuovi gusti teatrali hanno, nel corso dei secoli, comportato una graduale decadenza di questo genere letterario, particolarmente evidente dalla seconda metà del ‘900 in poi.
Fin dagli esordi, nel primo Seicento, i testi delle opere venivano messi a disposizione degli spettatori in versioni stampate. Le piccole dimensioni del formato di stampa, maneggevoli e tascabili, portarono all’utilizzo del termine “libretto” per indicare questo preciso genere letterario, mentre gli autori furono chiamati “librettisti”. In alcuni casi, tuttavia, queste definizioni assunsero una valenza critica data la natura commerciale e di intrattenimento dei componimenti e la minore importanza che ad essi veniva attribuita rispetto alla musica.
La pubblicazione dei libretti aveva motivazioni pratiche: lette sulla pagina, le parole venivano più facilmente comprese rispetto al solo ascolto attraverso la viva voce dei cantanti. Allo stesso tempo, questa produzione inaugurò un nuovo genere letterario, quello della poesia per musica di tipo teatrale. Come tale, i “librettisti” la confezionavano rispettando da un lato le regole della scrittura poetica e dall’altro delle esigenze specifiche del linguaggio musicale.
Il libretto, quindi, presenta una doppia natura: è un testo letterario strettamente legato alla musica (e, per questo, spesso sottoposto a modifiche operate dal compositore); ma anche opera letteraria autonoma.
Per convenzione il canto in versi era strutturato secondo due modalità: il recitativo (un canto declamato sostenuto da pochi strumenti, dal ritmo flessibile, e d’effetto “parlante”) e il canto in cui ai cantanti veniva concesso lo sfoggio delle proprie abilità tecniche e del proprio talento, con accompagnamenti strumentali elaborati che sfruttano tutte le possibilità del linguaggio musicale (i cosiddetti “numeri”: arie, duetti, terzetti e così via).
Dalla fine dell’800 l’importanza delle rigide regole della scrittura in versi poetici inizia a sfumare, fino a giungere ad opere musicali con testo interamente scritto in prosa, come avvenne nel 1921 con La leggenda di Sakuntala composta da Franco Alfano, che ideò anche la musica.
Nel frattempo si era andato incrinando il concetto stesso di “libretto” in quanto testo redatto appositamente per le esigenze del teatro musicale: nel ‘900 alcuni testi teatrali di Gabriele D’Annunzio furono utilizzati – solo con qualche adattamento – da compositori per realizzarne rappresentazioni in musica, inaugurando il genere che viene modernamente definito Literaturoper.