Turandot Divulgazione

Scenografia

Puccini e galileo Chini si erano conosciuti per caso ed avevano iniziato a lavorare insieme, nel 1917, per tre opere brevi - Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi - che ottennero un grandissimo successo. Da quel momento i due artisti divennero amici e nel 1924 Puccini scelse Galileo Chini per realizzare i disegni delle scene di Turandot.
L’ambientazione orientale dell’opera richiedeva un’ottima conoscenza della cultura esotica, che Chini possedeva dato che per due anni aveva vissuto in un paese lontano, oggi chiamato Thailandia, dove il Re Rama V lo aveva chiamato per dipingere le sale del Palazzo del Trono. Chini, terminato quanto gli era stato chiesto di realizzare, era ritornato in Italia ma da quel momento inserì in tutti i suoi lavori immagini e colori tipici del lontano Oriente, misterioso e allo stesso tempo affascinante.
Per la messinscena di Turandot fece diciotto disegni, alcuni dei quali abbozzati a casa del Maestro Puccini che gli faceva ascoltare, al pianoforte, le melodie della sua opera.
I disegni definitivi furono consegnati ai responsabili della Casa Ricordi dopo sette mesi di lavoro. I colori utilizzati, dall’oro lucente al blu profondo, le architetture degli edifici, la vegetazione ricercata e tipica della Cina creavano l’atmosfera dell’Oriente lontano voluto da Puccini, come se la favola fosse ambientata tra il sogno e la realtà. Il Maestro apprezzò moltissimo il lavoro svolto dal suo collaboratore ma, come sappiamo, morì prima di poter vedere realizzato lo spettacolo in teatro.
Dopo la prima rappresentazione del 1926 alla Scala, il pubblico degli esperti e dei critici non sembrò apprezzare troppo la maestosità delle scenografie e i colori così vivaci che, tuttavia, Chini aveva ricavato dalle descrizioni scritte nel libretto da Adami e Simoni:

Atto I
Le mura della Città Imperiale chiudono quasi tutta la scena in semicerchio. Sugli spalti sono infissi i pali che reggono i teschi dei giustiziati. A sinistra e nel fondo, s’aprono nelle mura tre gigantesche porte. Siamo nell’ora più sfolgorante del tramonto. Il piazzale è pieno di una pittoresca folla cinese.

Atto II - Quadro I
Appare una vasta tenda, tutta decorata da simboliche figure cinesi. La scena ha tre aperture: una centrale e due laterali. Ping fa capolino dal centro e rivolgendosi a destra e a sinistra chiama i compagni.

Atto II - Quadro II
Appare il vasto piazzale della Reggia. Quasi al centro è un’enorme scalèa di marmo che si perde nella sommità fra gli archi traforati delle vaste terrazze imperiali. – La scala è a tre vasti ripiani. Numerosi servi collocano in ogni dove lanterne variopinte. La folla, a poco a poco, invade la piazza. – Arrivano i mandarini, con la veste di cerimonia azzurra e d’oro. Passano gli otto sapienti, altissimi e pomposi. Sono vecchi, quasi uguali, enormi e massicci. Il loro gesto è lentissimo e simultaneo. Hanno ciascuno tre rotoli di seta sigillati in mano. Sono i rotoli che contengono la soluzione degli enigmi di Turandot.
Incensi cominciano a salire dai tripodi che sono sulla sommità della scala. – Le tre maschere si fanno largo tra gli incensi; indossa- no, ora, l’abito giallo di cerimonia. Passano gli stendardi bianchi e gialli dell’imperatore tra le nuvole degli aromi. – Passano gli stendardi di guerra. – Lentamente l’incenso dirada. – Sulla sommità della scala, seduto sul trono d’avorio, apparisce l’imperatore Altoum. È tutto bianco, antico, venera- bile, ieratico. Pare un dio che apparisca di tra le nuvole. Tutta la folla si prosterna faccia a terra, in attitudine di grande rispetto. Il piazzale è avvolto in una viva luce rossa. Il principe è ai piedi della scala. Timur e Liù a sinistra, confusi tra la folla ma bene in vista del pubblico.

Atto III - Quadro I
Il giardino della Reggia, vastissimo, tutto rial- zi ondulati, profili scuri di divinità. A destra un padiglione cui si accede per cinque gradini. È notte. Adagiato sui gradini del padiglione è il principe.

Atto III - Quadro II
Appare l’esterno pittoresco del palazzo imperiale. Sopra un’alta scalèa, al centro della scena, l’imperatore circondato dalla corte, dai dignitari, dai sapienti, dai soldati. Ai due lati del piazzale, in vasto semicerchio, l’enorme folla.

Anche se il pubblico meno esperto apprezzò moltissimo i colori e la sontuosità dello spettacolo, Chini fu chiamato a lavorare per scenografie teatrali solo nel 1930, dedicandosi per 4 anni quasi solamente alla pittura su cavalletto.

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