Turandot è l’ultima storia che il grande compositore Giacomo Puccini ci ha raccontato attraverso la musica e il canto, insieme a due suoi amici e collaboratori, Renato Simoni e Giuseppe Adami, che si sono occupati della scrittura del libretto.
La storia della terribile principessa cinese non è una loro invenzione: Puccini e i suoi librettisti hanno preso ispirazione/spunto da una fiaba dell’antica Persia che lo scrittore Carlo Gozzi aveva riscritto quasi due secoli prima di loro.
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Giacomo Puccini dedicò a Turandot quattro anni di intenso lavoro (dal 1920 al 1924), rivolgendo le sue attenzioni non solo alla scrittura della musica, ma anche alla elaborazione del libretto dell’opera, ovvero il testo in versi che viene cantato in scena dagli interpreti e che fornisce le indicazioni sulle ambientazioni in cui si svolge la vicenda.
Il Maestro chiese a Renato Simoni e Giuseppe Adami di occuparsi della stesura del libretto prendendo ispirazione dalla Turandotte di Gozzi, ma modificandola a tal punto da trasformare la gelida principessa in una donna sensibile che cerca di resistere, invano, all’amore per il principe ignoto.
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La storia di Turandot si svolge al tempo delle favole nella città di Pechino. Giacomo Puccini era stato da subito attirato dall’idea di scrivere musiche legate a una cultura diversa dalla sua e per svolgere al meglio questo importante compito studiò moltissimo, ricercò libri ed enciclopedie musicali, chiese ad amici e collaboratori che viaggiavano all’estero di procurargli in tutto il mondo testi da cui avrebbe potuto prendere spunto per la sua nuova composizione.
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Molto attento e curioso di natura, Puccini teneva occhi vigili su ciò che avveniva nei teatri di tutta Europa, si informava rispetto alle produzioni teatrali estere e, finché la salute glielo permise, viaggiava per assistere a spettacoli di artisti importanti, con cui scambiava idee preziose o immaginava nuove collaborazioni.
Il Maestro dedicò alla sua “creatura chinese” un’attenzione massima e febbrile, non sono per la composizione della musica ma per l’allestimento dell’intero spettacolo, riflettendo per anni sulla messinscena e faticando molto per ottenere, invano, la collaborazione di un artista da lui particolarmente apprezzato per la realizzazione dei costumi: Umberto Brunelleschi.
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Puccini rivolse grandissima attenzione anche alla realizzazione delle scenografie per Turandot, soprattutto per la volontà di riuscire a rendere al meglio, sul palcoscenico, le atmosfere orientali della Cina fiabesca in cui è ambientata l’opera.
Scelse di proporre questo importante incarico a Galileo Chini con cui aveva iniziato a collaborare già dal 1917 per l’allestimento del Trittico (composto dalle opere Il tabarro, Suon Angelica e Gianni Schicchi). Amico fidato e artista di instancabile creatività, capace di passare dalla decorazione d’interni alla ceramica, dall’illustrazione all’architettura, dalla scenografia alla grafica, dall’urbanistica alla pittura, non deluse le richieste e le aspettative del Maestro.
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Purtroppo, come sappiamo, il destino non fu benevolo con il Maestro Puccini. Estremamente motivato a portare a termine la sua opera, dovette tuttavia fare i conti con la grave malattia che lo colpì.
Alla fine di settembre del 1924 incontrò Toscanini, direttore d’orchestra famosissimo che egli desiderava dirigesse la prima rappresentazione dell’opera, e in una sala prove del Teatro alla Scala gli fece ascoltare al pianoforte le ultime pagine composte. Il Maestro, sebbene fosse molto sofferente e logorato dalla malattia, continuava a lavorare a Turandot con dedizione assoluta. Su esortazione della famiglia decise di sottoporsi all’intervento in cui riponeva tutte le speranze di guarigione, o per lo meno, di un miglioramento. Partì in novembre alla volta di Bruxelles insieme alla famiglia e alle pagine della sua ultima opera. Affrontò l’operazione, che andò a buon fine; ma a pochi giorni di distanza, il 24 novembre, Puccini ebbe un infarto e morì, lasciando l’opera incompiuta.
Turandot andò in scena un anno e mezzo più tardi, domenica 25 aprile 1926 alle 21 al Teatro alla Scala di Milano, diretta da Arturo Toscanini, con la regia di Giovacchino Forzano, le scene di Galileo Chini e i costumi di Caramba.
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Turandot, dopo quasi un secolo dalla prima volta in cui è andata in scena, è stata raccontata, illustrata o messa in scena in molteplici forme e con i più diversi linguaggi artistici. L’opera pucciniana ha così incontrato il gusto dei più differenti estimatori, dai bambini delle scuole primarie fino agli esperti più raffinati, continuando a stimolare la creatività e la curiosità dei più, ad affascinare e conquistare un pubblico insospettabile quale è il pubblico più giovane.
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